Il libro narra la storia di don Raimondo Viale, un prete che operò nella povera campagna del Cuneese e si oppose sia al fascismo che al comunismo, pagando di persona per le sue coraggiose prese di posizione contro la guerra e per aver soccorso centinaia di ebrei: rimase abbastanza isolato dalla Chiesa e, durante il fascismo, conobbe il confino. Ebbe, però, il riconoscimento di "Giusto d'Israele". Una testimonianza emblematica che attraversa tutti gli eventi drammatici e cruciali del Novecento. La storia di don Viale è narrata dallo scrittore in prima persona. Tutte le sue vicende sono state ricostruite in una serie di colloqui che Revelli ebbe con lui negli anni Ottanta (v. seconda parte del libro: "Il mio dialogo con don Viale")